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02 Salei: Il richiamo degli alpi

È consigliabile compiere questa escursione quando i prati sono in fiore e gli armenti, sugli alpi, pascolano fra chiazze colorate che si spostano con essi. Ma non c'è soltanto la flora da ammirare in questa passeggiata onsernonese: c'è Comologno con i tetti che, scorti dall'alto, fanno immaginare che siano stati costruiti per inquadrare anche il paesaggio, vicino e lontano, della valle (incorniciano, con un taglio da maestro, il nucleo centrale di un villaggio; arrivano all'esatta altezza di un picco, così da farlo apparire come il naturale ed elegante prolungamento di un comignolo; lasciano il giusto posto, su uno sfondo, a un campanile, ingrandendone, senza sforzature, il richiamo).

Ci sono poi i Monti di Ligünc che sono confrontati, per la loro caratteristica struttura, con i villaggi tibetani: le terrazze di legno, che prendono il sole e si riparano dal vento, sono dipinte dal tempo che ne ha compreso tutta l'importanza, in cui la praticità ha saputo andar d'accordo con l'equilibrato uso del materiale scelto (e si faccia pertanto attenzione, anche a Ligünc, al pericolo rappresentato dalle riattazioni che, tentate dalle comodità, rubano più del dovuto all'autenticità, con risultati tristemente sconfessati dalla possibilità dei paragoni). Ci sono anche gli Alpi Salei e Pesced, dove la pastorizia è ancora operosa e ha una sua importanza e un suo significato in un'epoca che conta tanti e troppi alpi trascurati; e ci si rallegra, quindi, una volta arrivati e fermatisi a Salei e Pesced, nel veder continuata una tradizione che lassù si ritrova nelle sue regole, nelle sue necessità e nella sua produzione (ecco perché questa gita propone, nella salita, la deviazione verso il primo e, nel ritorno, la discesa che passa dal secondo per mostrare un'attività che è ormai diventata una curiosità).

Ci sono, lungo il percorso, faggeti e abetine e lariceti che filtrano la luce, lasciandola poi morbidamente cadere, come un polline, sul percorso che s'inoltra nel silenzio: è un silenzio che isola e protegge, una presenza che annulla ogni confine di qua e di là dal tragitto e schiude visioni in cui la realtà appartiene a un mondo tutto da scoprire; sono anche questi incontri che danno vita ai momenti destinati ad appagare una passeggiata: l'incontro con il sole che scende lungo lo stesso sentiero; con una sorgente che stilla dalle radici di un ontano; con un pino disegnato dal fulmine; con un macigno su cui l'ombra, spostandosi, lascia i licheni; con la sera, infine, che sale come se fosse spinta da un vento uscito, improvviso, dal fondovalle.

L'Alpe Salei, una volta chiamato Lavadina come la valle che scende verso Comologno, è poi annunciato, prima che dai campani, da una piana che ha un cielo personale: un cielo posato sulla sua ampiezza che rende più piccole e meno veloci le nubi. Il laghetto è annunciato, invece, più avanti e più in alto, dalle pietraie, dai rododendri e dalle marmotte che si guardano in giro come se volessero ricordare, facendo l'ometto davanti a tutto il rosa della terra che esce da questi rododendri, che sono state le marmotte a coltivarli.

Attorno al laghetto, in cui il grigio ha riflessi che, mossi, si avvicinano all'indaco a una profondità in cui il verde già non può più vivere, quest'ultimo colore trionfa fra i sassi e il contrasto lo rende quasi squillante; e sembra quindi di udirne, ripetuta dalla montagna che si alza vicina, l'eco tinteggiata, che va poi a finire nell'acqua, ma è ormai troppo leggera per poterla increspare.


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