Negli ultimi anni, sono state intraprese varie iniziative a favore del recupero dell’alborella, specie di rilevante interesse faunistico nonché di notevole interesse per la pesca locale, sia professionale che sportiva. Così, a partire dal 2003 sono state messe in atto attività finalizzate a produrre materiale da ripopolamento, a partire da letti di frega realizzati direttamente in ambiente lacustre, attraverso la posa – su aree di frega del Verbano – di ghiaia pulita in grado di richiamare le alborelle in attività riproduttiva.
La ghiaia era collocata in cassette di plastica per rendere più agevole il successivo trasporto. Le uova deposte venivano poi trasferite in recinti protetti sul Ceresio e su altri laghi del Varesotto. Tuttavia, se nei primi anni di sperimentazione tale metodologia, nonostante la laboriosità delle attività, ha dato buoni ed insperati frutti, nelle annate più recenti la resa di frequentazione, da parte della specie, dei letti di frega è stata pressoché nulla.
Riproduzione «guidata» in vasca a Brusino Arsizio
Pertanto, nei tempi più recenti si è cercato di sperimentare nuove metodologie di intervento per sostenere la specie, oramai in declino in molti bacini prealpini e da anni scomparsa nel lago di Lugano. A tale fine, è stata riproposta l’esperienza di riproduzione «semi-controllata», realizzata dall’avannotteria di Abbiategrasso, in provincia di Milano. Il progetto – come sottolinea il dr. Cesare Puzzi dello Studio Blu Progetti SAGL di Pregassona, che ne è il coordinatore tecnico-scientifico in stretta collaborazione con il collaboratore scientifico dell’Ufficio cantonale caccia e pesca dr. Bruno Polli – ha comportato il recupero di un nucleo di riproduttori di alborella nel Verbano, il loro stoccaggio e svezzamento (nell’incubatoio di Brusino Arsizio gestito da Assoreti) a mangime artificiale in vasca esterna di cemento (integrato con qualche immissione di zooplancton vivo catturato da Elio Polli nel Ceresio), e la posa in vasca di cassette di ghiaia al momento riproduttivo. Le uova, deposte in più riprese da giugno ad agosto, sono state trasferite in truogoli di schiusa, per poi essere rilasciate nel lago – a riassorbimento del sacco vitellino avvenuto – nel bacino di Ponte Tresa, in corrispondenza del canale Cantonetti.
Aumentano i numeri e si affinano le tecniche
Quest’esperienza, realizzata per la prima volta nel 2008, ha dato risultati insperati, comunque assai incoraggianti e tali da indurre l’Ufficio federale dell’ambiente a richiedere che si faccia altrettanto, e anzi ancora di più, nel 2009. L’alborella, sottolinea il dr. Bruno Polli, è diventato «un progetto con una sua precisa importanza», non da ultimo considerando che questo pesce figura nella lista delle specie minacciate, per cui l’autorità federale – in stretta collaborazione con quella cantonale e le rispettive federazioni di pesca (FTAP ed Assoreti) – invita a fare il possibile per il recupero e il reinserimento di questo pesciolino così importante per la catena alimentare nel contesto del nostro patrimonio ittico. In questo senso, nel nuovo anno saranno aumentati i numeri ed affinate le tecniche, con la viva speranza che si possa riuscire a ricostituire un ceppo significativo di alborelle nel lago di Lugano.
24.500 avannotti liberati in 7 occasioni
Ma vediamo alcuni dati significativi di quanto realizzato nel 2008, sulla base del dettagliato rapporto che il dr. Cesare Puzzi ha illustrato (in una recente riunione al Museo della pesca a Caslano, su iniziativa di Ezio Merlo) ad un gruppo di pescatori e dirigenti delle due federazioni nonché di società al di qua e al di là del confine sul lago Ceresio. A inizio febbraio 2008, è stato prelevato con quadrato dal Verbano, nella zona di Porto Ronco, un nucleo di circa 7 chili di adulti di alborella, con la garanzia di utilizzare un ceppo perfettamente in linea con quello del Ceresio. Gli esemplari catturati sono stati stabulati in una vasca esterna, di forma rettangolare, presso l’impianto ittiogenico di Brusino Arsizio. Sino alla fine di giugno non è stata osservata alcuna deposizione, presumibilmente a causa delle basse temperature dell’acqua di alimentazione della vasca. Con l’intento di aumentare le probabilità di riuscita dell’intervento, a partire dal 6 maggio sono state realizzate svariate pescate di sfoltimento nell’area scelta come idonea per il rilascio degli avannotti prodotti, mirate a ridurre la presenza di specie ittiche in grado di esercitare una forte pressione predatoria sulle larve o di competere con esse e di vanificare quindi gli sforzi effettuati. Le pescate di sfoltimento sono state eseguite da Rolf Müller. Complessivamente sono stati catturati: 624 chili di gardon, 58 chili di boccalone, 38 kg di lucioperca, 31 kg di persico, 21 kg di carpa, 14 kg di tinca, 1 chilo di barbo e 4 svassi.
Il 24 giugno si è avuta la prima attività riproduttiva e, pertanto, si è provveduto al trasferimento delle cassette con le uova nei truogoli interni e alla pronta sostituzione di queste ultime con cassette nuove con ghiaia pulita. Le alborelle hanno deposto in più ondate, fino a tutto il mese di agosto. Dal trasferimento delle cassette nei truogoli è stata osservata la schiusa delle larve entro 4-5 giorni. Nei successivi 2-3 giorni è stato riassorbito il sacco vitellino, ed è stata valutata la perfetta mobilità e attività delle larve all’interno dei truogoli. A quel punto erano pronte per il trasferimento ai luoghi di semina, bonificati da gran parte dei predatori.
Al fine di minimizzare le perdite dovute alla predazione in lago, sono state individuate zone particolarmente idonee per il rilascio del novellame di alborella prodotto, ossia un’area a canneto, facilmente recintabile con reti e con sponde che degradano dolcemente, nel bacino di Ponte Tresa, in zona Stretto di Lavena, in cui risultava peraltro facile effettuare le pescate di sfoltimento precedentemente descritte. Qui, il 9 luglio, con l’intervento dei guardapesca, sono state posate diverse fascine di legno, affondate ai bordi del canneto, per creare dei rifugi per le giovani alborelle, che potranno qui nascondersi e restare al riparo dai predatori.
Complessivamente, sono stati seminati 24.500 avannotti di alborella nel corso di sette immissioni, dal 9 luglio al 21 agosto.
Verso l’impiego di gabbie flottanti?
La metodologia di intervento adottata nell’ambito del Progetto di recupero nel lago di Lugano – osserva sempre il dr. Cesare Puzzi – si è rivelata particolarmente vantaggiosa ed efficace, soprattutto grazie alla relativa semplicità con cui è possibile controllare tutto il processo di riproduzione e alla facilità con cui vengono recuperate le uova, attraverso lo spostamento dei truogoli di incubazione delle cassette con la ghiaia, per consentirne la schiusa. Visto il buon esito registrato nel 2008, come detto l’esperimento sarà ripetuto nel 2009 e, con buona probabilità, anche negli anni a venire, nella speranza che – con sforzi ed impegno costanti, seppur piccoli – si possa raggiungere il risultato tanto sperato.
I risultati, certo, sono per intanto modesti, ma quel che conta è il successo dell’operazione, ovvero si è constatata la fattibilità del progetto. In questo senso, è un piccolo progetto ma con grandi ambizioni. Per l’immediato futuro, come detto, si calcola si prelevare dal Verbano circa 30 chilogrammi di alborelle per «depositarle» nell’incubatoio di Brusino Arsizio, affinché producano un buon numero di uova da cui poi nasceranno diverse decine di migliaia di avannotti da seminare nuovamente nel golfo di Ponte Tresa. Nel frattempo, qualche sporadica apparizione di alborelle si registra, in base a precise e circostanziate segnalazioni di pescatori e garisti. Certo, è ancora presto per dire che si tratti di alborelle seminate in questi ultimi anni, oppure di pesci immessi di... straforo da qualche volonteroso, oppure ancora di alborelle nate nel lago Ceresio. L’importante, come si è sottolineato nella riunione promossa in occasione della presentazione del rapporto sull’alborella, è insistere, magari utilizzando più punti di raccolta, stabulazione ed immissione dei nuovi nati, individuando in tutto il bacino del lago di Lugano (e quindi anche i tratti di competenza delle province di Como e di Varese) le zone più adatte a questo tipo di operazione.
Anzi, dal presidente della Federazione ticinese di acquicoltura e pesca Urs Luechinger è venuto l’esplicito invito ad avviare uno studio di fattibilità per l’impiego di gabbie flottanti nel lago, come già avviene con successo per i coregoni e con ottimi risultati pure per l’allevamento di altre specie ittiche.
di Raimondo Locatelli
Articolo uscito sul «Corriere del Ticino» l’8 gennaio 2009.